Per mio nipote sogno un’Europa più unita e più capace di affrontare le sfide della modernità. Con il voto di domenica cerco di evitare che mio nipote fra vent’anni trovi un’Europa come quella in cui sono nato io, con frontiere, monete nazionali e dazi, dove ogni nazione pensava a sé e ai propri interessi; o addirittura un’Europa come quella dell’infanzia di mio padre, segnata da dittature spietate e da una guerra civile che ha fatto 55 milioni di morti. Quando ero piccolo i governi di allora svalutavano periodicamente la lira, impoverendo il paese e facendo debiti (quelli che adesso Federico ha ereditato); il primo mutuo che ho fatto con la lira dopo il matrimonio aveva un interesse del 17%. Ma l’Europa economica è quella che mi interessa meno; è la cultura europea dei diritti, del welfare e della convivenza pacifica che possiamo portare in dote al resto del pianeta.
Vorrei che Federico da grande trovasse l’Europa dell’Erasmus, culturale e solidale, con una autorevole politica estera e una sola ambasciata, un’unica politica fiscale e un solo modello di welfare, un esercito europeo per missioni umanitarie; un’Europa autorevole per guidare l’emergenza planetaria sulle sfide ambientali ed energetiche.
Questa è l’Europa che con il voto di domenica spero di lasciare a Federico. Voterò PD perché tra i 15 simboli presenti sulla scheda è, a mio avviso, il partito con la maggiore vocazione europea; ci sono altre forze politiche europeiste minori, ma non voglio rischiare di votare un partito che non raggiunge il quorum, perché è fondamentale portare a Bruxelles persone competenti e in grado di gestire il progetto di sviluppo europeo. Le mie preferenze andranno a Carlo Calenda, che ha portato alla coalizione di centrosinistra significative proposte europeiste; a Laura Puppato, per la sua storia politica di grande affidabilità e serietà; a Paolo De Castro per le sue competenze in ambito agricolo e ambientale.
Abbiamo il dovere di preparare il futuro alla generazione di Federico, opponendoci a chi vuole un ritorno al nazionalismo. Scriveva 40anni fa don Milani: “Il problema degli altri è uguale al mio; sortirne tutti insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”.