Racconto tre episodi di questi giorni. 1. Un mese fa l’ente regolatore italiano ha vietato l’uso di Astrazeneca sopra i 55 anni, ieri la Francia dopo le segnalazioni di eventi avversi lo ha vietato sotto i 55 anni; eppure entrambe queste decisioni contraddittorie sono state prese da riconosciuti esperti. 2. Da noi sono state chiuse tutte le scuole, materne comprese, altri paesi europei sono andati in lockdown tenendo tutte le scuole aperte; difficile pensare che le due strategie siano ugualmente giuste. 3. Dopo un focolaio di Covid in un centro per anziani a un mese dalla vaccinazione di massa con il ciclo completo, il 20% si infetta, tra loro alcuni hanno alti titoli di anticorpi altri bassi, ma anche tra chi non si è infettato c’erano soggetti con alti titoli e altri con bassi; evidentemente non serve a nulla dosare gli anticorpi e questo significa che non sappiamo quasi nulla della reale immunità di popolazione.
Questi tre episodi (ma potrei raccontarne a decine) stanno a significare che su questa pandemia sappiamo ancora pochissimo e chi vende certezze vende fumo. Allora dove è finita l’evidenza scientifica, tutta la nostra tecnologia e i nostri protocolli che dovrebbero controllare e prevedere tutto? Forse siamo finalmente tornati al socratico ‘so di non sapere’ (che dovrebbe essere la massima per guidare ogni nostra decisione se compiuta con onestà intellettuale). Già nella epidemia influenzale che ha colpito l’Europa nel 1889 un giornalista voleva da Louis Pasteur certezze e lui, massimo esperto mondiale del momento, restituiva solo dubbi. Dopo oltre un secolo ne sappiamo molto più di Pasteur, e i dati di salute e di età media lo confermano, ma la ferita narcisistica dei medici in questi mesi ha ripreso a sanguinare come in passato e stiamo tutti facendo un salutare bagno di realtà.
Non siamo in grado di controllare tutto, resta l’imprevedibile e l’imponderabile, che mi piace chiamare ‘mistero’. La medicina non è una scienza esatta (utilizza scienze esatte come la fisica e la chimica); la medicina è una scienza empirica che si basa su alcune conoscenze oggettive e su tanta esperienza soggettiva del singolo medico. I protocolli non servono per gestire il singolo, servono per pianificare interventi sulla collettività e per gestire organizzazioni complesse. Questa pandemia non va lasciata (solo) alla scienza, ma va gestita anche con riflessioni esistenziali e filosofiche. La tecnologia dell’ultimo secolo ci ha obnubilati, facendoci sentire onnipotenti, questa pandemia ci riporta al senso di realtà. Abbiamo l’occasione fantastica di una collettiva psicoterapia di massa, non sprechiamola, allarghiamo il nostro orizzonte. Torniamo umani.
Esatto, la scienza non deve essere un atto di fede.
Il Covid ci ha posto in una condizione, dove non possiamo schierarci di fronte a certezza.
La strada giusta è la consapevolezza appunto di non sapere.
Eppure mai come ora porsi domande, fare domande è diventato imbarazzante .
Chi lo fa è”scomodo”
Il vaccino del covid, non può essere una certezza, ma la consapevolezza che non abbiamo altro, che non vi è altra offerta.
Il vaccino va affrontato con la consapevolezza che in parte è un atto di fede, non sappiamo gli effetti a lungo termine.
Non sappiamo nemmeno il titolo minimo di copertura antocorpale è per quanto resterà nella memoria del sistema immunitario.
Eppure la pressione mediatica è alta.
Se fai domande, se poni dubbi sei etichettato come no vax….anche se non lo si è….
Un genitore che deve decidere se vaccinare un figlio adolescente in perfetta salute, si sente dire semplicemente, il vaccino va fatto è sicuro…
È vero la vita a rischio zero non è vita.
Ma l’essere umano per sua natura, dovrebbe restare UN essere pensante, altrimenti cosa ci differenzia dal mondo animale?
Un sanitario vaccinato, una mamma con tanti dubbi.