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Per chi non fosse esperto di termini ostetrici, il parto distocico è quello che avviene utilizzando il forcipe o la ventosa, comportando grave rischio per il neonato, e a volte anche per la madre.

Il PD di questi giorni mi sembra proprio un neonato in difficoltà, e la democrazia attualmente rappresentata mi ricorda proprio un parto dall’esito incerto e ad alto rischio di fallimento.

Incolpare una classe dirigente incapace di ascoltare i cittadini o semplicemente di ‘annusare l’aria’, è quasi un’ovvietà. Ma questa (dovuta) autocritica non basta a giustificare il disastro. C’è dell’altro, molto altro.

Innanzitutto occorre ricordare che l’ingovernabilità post-voto è causata da una legge elettorale malata, voluta intenzionalmente dal centrodestra per mera convenienza di parte. Non dimentichiamolo, per non confondere le cause con gli effetti.

Il povero Bersani, uomo onesto e capace, ha avuto soltanto la disgrazia di trovarsi al posto sbagliato al momento sbagliato. Solo dieci o quindici anni prima avrebbe potuto competere ad armi pari, ma di fronte a due maestri della demagogia e del populismo ha dovuto soccombere sotto il peso delle proprie metafore.

Rimango convinto che solo uno come Renzi avrebbe saputo trovare temi e forme comunicative in grado di contrastare il pifferaio magico e l’incantatore di serpenti. Durante le primarie del PD sapevamo/temevamo che Bersani avrebbe vinto ma senza raggiungere i voti per governare; in quel periodo sia B. che Monti non avevano ancora deciso di candidarsi e hanno prima atteso di conoscere l’avversario di centrosinistra.

In Italia dal ’45 ad oggi nessuna forza politica ha potuto governare senza i voti del centro, e Renzi proprio a quegli elettori incerti e confusi si rivolgeva, proponendo loro temi concreti, anziché ideologie precotte e forse anche un po’ scotte.

Oggi giustamente si critica la litigiosità interna al PD, che danneggia oltre al partito tutto il Paese. Si dimentica però che questo è un partito vero, senza un padrone, capace di un confronto reale. Oggi le differenze interne hanno prodotto effetti negativi, come un farmaco che provoca intolleranza, ma normalmente l’antibiotico guarisce e salva. Senza dialogo e ricerca un partito secca e non produce frutti.

Se questa è la diagnosi (tra le tante possibili, la mia), quale la terapia?

La domanda è quella da un milione di dollari e io non sono certo un politologo. Ma credo che adesso ci serva un leader vero (il programma l’abbiamo già, ed è ottimo, basta tornare a leggere la ‘carta di intenti’ o gli ‘otto punti’). Ci serve un timoniere capace di comunicare e di entusiasmare, che conosca i suoi uomini e questi lo sentano uno di loro. Un timoniere radicato nel passato ma che guardi al futuro, creativo senza esagerare, capace di ascoltare e di parlare con chiunque.

In questo momento Pippo Civati mi sembra l’uomo giusto per il PD (e il non scontato successo di oggi della Seracchiani in Friuli mi conferma in questa idea). Renzi sarà invece primo ministro in uno dei prossimi governi, deve solo aspettare e parlare di meno.

E il M5S? Presto si renderà conto che non si può stare sul Titanic che affonda e tenere le mani intasca per paura di ‘contaminarsi’. Presto capirà che il capo-megafono aveva senso all’inizio, ma poi diventa penoso e noioso. Presto deciderà di far curare il guru con il delirio informatico. Forse si renderà conto che in una democrazia rappresentativa non puoi chiedere ogni sera al popolo se vuole pane o brioche. Spero però che il M5S non trovi un vero leader perché allora per il PD la questione si farebbe davvero difficile.

Alla fine di tutto comunque vince sempre B., uomo immorale e corrotto che riesce a prendere anche i voti di buona parte del clero; quello che da vent’anni mi avvelena il fegato con il suo sorriso sardonico e diabolico. Il berlusconismo ha drogato la destra e l’antiberlusconismo ha avvelenato la sinistra. Quando finalmente ci avrà lasciato per sempre, resteranno ancora le sue scorie radioattive a contaminare per decenni la politica di questo povero Paese.

La mia speranza per il futuro, alla fine, è affidata a quei piccoli ma urlanti neonati che ogni mattina ho l’onore e il piacere di visitare. E’ a loro, a tutti loro, che ogni giorno affido la speranza di un mondo un po’ migliore.