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Nelson Mandela è stato un grande combattente per i diritti umani. Ha passato 27 anni in carcere, ma alla fine è diventato Presidente dello Stato che lo aveva perseguitato. In carcere ha trovato la forza di resistere, anche per merito dello studio e delle letture; in particolare ha riferito che la poesia gli ha dato energia e speranza. Non conosco le idee religiose di quest’uomo, ma lo spirito evangelico è ben visibile nella sua vita. Dopo anni di persecuzioni, sia individuali che verso il suo popolo, Mandela è riuscito a mantenere uno spirito forte e libero. Come Gandhi era un avvocato, e in lui umanesimo e diritti umani erano così profondi e radicati da renderlo immune da ogni spirito vendicativo e di riscatto.

In questi giorni di commemorazioni ritengo che si stia parlando troppo poco di quanto Mandela ha promosso nei primi anni della sua presidenza. Mi riferisco alla ‘Commissione per la verità e la riconciliazione’ istituita nel 1995 con lo scopo di ricostruire i soprusi e i crimini avvenuti durante gli anni dell’apartheid, ottenere confessioni di ammissione di responsabilità e pentimenti pubblici, riconciliare le parti e concedere amnistie, mantenendo le pene solo per le colpe più gravi o nei casi resistenti alle pubbliche scuse. Questo procedimento giuridico rappresenta una vera e propria rivoluzione (è basato sull’idea africana dell’ubuntu) e può essere considerato un precedente di enorme portata per il mondo intero. Si tratta del più efficace  strumento in grado di spezzare antiche spirali di odio e violenza, capace di aprire la strada della convivenza pacifica fra popoli in conflitto.  Ad oggi sono purtroppo ancora numerosi i conflitti etnici, e un percorso come quello avviato da Mandela in Sudafrica potrebbe essere imitato dai popoli tra loro in contrasto in Medio Oriente, nell’Africa Centrale, nel Caucaso, e in molto altri luoghi del pianeta. Tutte situazioni in cui l’ingiustizia produce nuova ingiustizia in una spirale incontenibile foriera solo di lutto e dolore per tutti, sia per i carnefici che per le vittime.

Questa è l’eredità, a mio avviso, che ci lascia Nelson Mandela. Questo è ciò che in sua memoria e in suo onore abbiamo il compito di portare avanti, con lo stesso coraggio e determinazione che quest’uomo ha dimostrato durante la sua vita lunga e difficile.