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Scrive Luigi Ciotti nel suo ultimo libro: “si sale per scendere sempre di più nella propria realtà”.

E’ vero: ogni cima, in montagna come nella vita, richiede sempre due movimenti: uno per andare e uno per tornare. La via per salire guarda in alto e dà le spalle al mondo di giù, la via per scendere dà le spalle alla cima appena raggiunta e guarda il mondo, esattamente là da dove eravamo partiti.

La salita è fatica, fa sudare e a volte toglie il fiato; ma anche la discesa non scherza, è facile scivolare e sul ripido le gambe spesso tremano per lo sforzo. La salita è entusiasmo, timore, dubbio, speranza di arrivare, di riuscire. La discesa è soddisfazione, orgoglio, voglia di arrivare per riposare, ma anche per raccontare. La salita è l’inizio, e dunque immaginazione, la discesa è la conclusione, e dunque realtà. Quando guardo in alto vedo il mio obiettivo, il desiderio, ma quando torno l’obiettivo è raggiunto, il desiderio soddisfatto, e quindi ormai parte di me.

Tra la salita e la discesa c’è la cima, un breve momento tra la lunga salita appena fatta e l’incerta discesa ancora da compiere. Un breve momento in cui tutto si ferma, anche il passo. In cima la tensione cala, si può godere la gioia di essere arrivati, di aver raggiunto lo scopo. Ma siamo solo a metà, perché occorre tornare. Allora l’obiettivo non era la cima, ma il ‘tornare dalla cima’. Andiamo lassù per tornare giù. Lo scopo di questo doppio movimento è tornare con la cima raggiunta dentro di noi. Andiamo su per tornare diversi, arricchiti dalla cima raggiunta, da quello che abbiamo visto lassù, da quanto abbiamo scoperto di noi salendo.

Nella vita, come in montagna, non possiamo restare fermi, abbiamo bisogno di questo doppio movimento: andare verso l’alto con decisione e speranza, spinti dal mondo di ogni giorno; giungere in vetta dove lo  sguardo è puro e arriva lontano; scendere veloci per tornare al quotidiano da cui siamo partiti. Ogni obiettivo importante della vita ha bisogno di questo doppio movimento. Anche per far nascere un bambino occorre una mamma che, piena di speranza, salga per nove lunghi mesi fino in cima dove finalmente, colma di gioia, può abbracciare il suo piccolo e da lì iniziare a scendere per arrivare, dopo anni, a regalare al mondo il suo bambino ormai grande.