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Questo è l’anno giubilare della MISERICORDIA. La parola ‘misericordia’ non è molto diffusa nel nostro linguaggio quotidiano. Ho provato allora a riflettere sul significato di questo termine facendomi aiutare dal Magnificat, una preghiera che utilizzo spesso e che contiene due volte la parola ‘misericordia’, ai versetti 50 e 54.

Maria, in attesa da pochi mesi, si reca dalla cugina Elisabetta, che invece è alla fine della sua gravidanza, per aiutarla nel parto e nei primi giorni con il neonato. Le due donne stanno vivendo l’esperienza profonda e misteriosa della maternità. Nel canto di lode, in risposta al dono ricevuto dal Creatore, Maria dice che ‘la misericordia di Dio è per sempre’, ‘di generazione in generazione’ e, più avanti, proclama che il Signore è fedele alla promessa fatta al suo popolo e ‘si ricorda della sua misericordia’.

Il termine utilizzato da Luca, che scriveva in greco, è ‘éleos’: è la traduzione dell’ebraico ‘hesed’, che significa amore, bontà, benevolenza, ma anche aiuto gratuito e concreto verso i sofferenti e gli oppressi. Con questa parola non si intende un semplice sentimento, ma si vuole rappresentare un’attenzione profonda in grado di realizzare un’azione concreta e visibile. Nel Vangelo questo tipo di ‘misericordia’ la troviamo nel racconto del buon samaritano e nella parabola del padre buono che riabbraccia il figlio perduto.

Il concetto di ‘eleos’ non va confuso con quello legato al termine ‘splanchna’ (in ebraico è rahamim) che indica la compassione, quella che Gesù manifesta per i lebbrosi, gli affamati o la madre che ha perso un figlio. Questa ‘compassione’ viene dai ‘visceri’, dal cuore (ma anche dall’utero per una madre che ha generato) e produce un sentimento benevolo e amorevole verso i bisognosi e i sofferenti.

La ‘hesed’ che Dio prova per noi è così profonda e assoluta da non poter produrre altro che il perdono. Enzo Bianchi osserva che questo amore del Creatore diventa ‘scandaloso’ e incompatibile con l’ideale umano di giustizia. Dio è tanto legato alle sue creature da ‘dimenticarsi’ dei loro peccati, ‘ricordandosi’ invece della sua misericordia, come proclama Maria nel suo cantico. Questo sentimento non è astratto e indefinito, ma vive sempre dentro una relazione concreta: Dio e il suo popolo, Maria e il suo Signore, ogni madre e il suo bambino, ognuno di noi e chiunque incontriamo sul nostro cammino.

Papa Francesco, in questo anno giubilare, ci inviata a una riflessione profonda e scomoda, capace di effetti reali. Allora dobbiamo provare a interrogarci su come pensiamo di accogliere i profughi, come vogliamo distribuire le risorse economiche, come dobbiamo considerare le minoranze e i ‘diversi’ da noi, quale spazio pensiamo debba esserci nelle nostre comunità per i fratelli omosessuali, per i divorziati, per chi sta faticosamente cercando la strada. Esegesi e politica sono meno distanti di quanto pensiamo.