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Una settimana passata in montagna con Federico.
Trent’anni fa nello zainetto c’era suo padre. Entrambi socievoli chiaccheroni con foglie e farfalle.
Una settimana a osservare con occhi nuovi oggetti consueti: un cavatappi a muro, il manometro dell’estintore, le pinze del camino, i mestoli di rame.
Giornate iniziate nel silenzio del mattino aspettando di sentire i gridolini di chi è felice di svegliarsi per vivere nuove avventure.
Giornate trascorse a camminare tra i faggi e i laghi del nostro Appennino, a triturare fiori tra le dita ancora maldestre, a pungersi con fili d’erba troppo duri, a staccare dagli alberi meline ancora acerbe, ad accarezzare il fusto rugoso e antico di un faggio.
Osservare con occhi da studioso curioso i fiori delle zucchine, trasformate dalla nonna in gustose pietanze.
Parlare ai riflessi dell’acqua increspata del lago con la certezza di ricevere adeguata risposta.
Scoprire un raggio di sole dentro il quale danza il pulviscolo e cercare di afferrare luce che non vuole farsi prendere; lasciare cadere sul palmo della mano gocce che misteriosamente cadono dal cielo.
Far cantare i sassi sbattendoli l’uno contro l’altro e cercare di capire da dove esce il suono di una armonica a bocca.
In questa settimana ho spaziato nel tempo ritornando agli anni dei figli piccoli. Ma ho anche rivissuto emozioni di quasi sessant’anni orsono, di quel periodo della vita così prezioso e unico da non voler lasciare tracce chiare nella mente.
Ringrazio Federico per aver portato il nonno in vacanza con lui.