Le canzoni di Guccini più famose sono quelle di denuncia e di invettiva, oppure quelle intimiste e poetiche. A me però piacciono molto quelle filosofiche, soprattutto quelle esistenzialiste come ‘Canzone per Piero’: “Eppure il mondo continua e va avanti con noi o senza e ogni cosa si crea su ciò che muore e ogni nuova idea su vecchie idee e ogni gioia sui pianti”.
Nel suo ultimo disco, ‘L’ultima Thule’ del 2012, c’è una canzone poco nota, ma che trovo molto interessante. Si intitola ‘L’ultima volta’ e racconta dell’ultima volta che da bambino gli hanno comprato i sandali all’inizio dell’estate, e poi l’ultima volta che da ragazzo ha vissuto un amore estivo intenso e fugace, segue l’ultima volta che da giovane ha vissuto l’atmosfera di casa con i suoi genitori. La canzone termina evocando l’ultima volta in cui osserva il sole sorgere o la pioggia cadere, fino all’ultimo respiro…
Credo che il tema non sia semplicemente la vita che fugge fino a terminare nella morte, la riflessione mi sembra molto più profonda e originale. Guccini descrive atti di vita quotidiana legati a fasi precise dell’esistenza, che a un certo punto finiscono per dare origine ad altre nuove esperienze. Ma come in ‘Canzone per Piero’ ogni fase della vita è innestata sulla precedente e produce un ciclo continuo che comprende tutto quello che è stato vissuto, dal primo all’ultimo respiro.
E’ ovviamente una canzone della maturità, scritta al termine della vita, che sento quindi molto vicino alla mia attuale esperienza di sessantenne. Personalmente non sento nostalgia per il tempo passato, semplicemente perché lo sento ancora presente in me. Oggi sono quello che ho vissuto, la mia identità è il prodotto di mille esperienze, anche di quelle che ho dimenticato. Ad ogni compleanno ho l’età attuale, ma anche tutte le età precedenti, più o meno mescolate, più o meno evidenti.
Le esperienze che Guccini ci descrive come “l’ultima volta” sono tali per l’aspetto individuale, ma non certo per quello collettivo. Ricordo bene la mia prima bicicletta rossa, quel momento non torna, ma dopo una trentina d’anni ho vissuto la prima bicicletta dei miei figli e recentemente quella di mio nipote. L’ultima volta per me può diventare la prima volta di un altro, un famigliare o un amico, e posso riviverla di riflesso, anche se modificata e un po’ trasfigurata dal nuovo contesto in cui si inserisce. L’esperienza di genitore (e poi di nonno) contiene il grande privilegio di poter replicare e amplificare tante ‘ultime volte’.
E poi, alla fine del cammino, resta da scoprire cosa ci attende dopo quell’ultimo respiro. Chissà…