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Oggi è il 14 giugno. Guccini compie 80 anni. Non posso fare a meno di scrivere. Ho qui sulla scrivania i 16 CD (live esclusi) con le 161 canzoni che hanno accompagnato la mia vita. Il Guccio non sa neppure che esisto, per me invece lui è come un fratello maggiore, che per diversi decenni mi ha raccontato pezzi di vita e regalato gemme di saggezza. La mia conoscenza con la sua poetica musicale è iniziata nel 1976, allora avevo 16 anni e facevo il liceo a Bologna. Quell’anno uscì ‘Via Paolo Fabbri 43’. Io da quella strada vicino al S. Orsola ci passavo e qualche volta ho visto quell’omone entrare e uscire da casa, ma ovviamente non ho mai avuto il coraggio di avvicinarlo. In quel periodo erano già usciti 6 dischi (compresa ‘Opera Buffa’ che scoprii più avanti). Con gli scout molte sue grandi canzoni le cantavamo già da anni, soprattutto Dio è morto, Il vecchio e il bambino, Auschwitz. Pochi anni prima era uscito il bellissimo ‘Radici’, che contiene la mia canzone preferita Incontro (anche dopo centinaia di ascolti provo sempre un brivido profondo). Da quel 1976 ho preso coscienza del grande spessore di questo cantautore e non l’ho più abbandonato. Ho recuperato i dischi precedenti, ammirando i testi esistenzialisti di ‘Stanze di vita quotidiana’ come Canzone per Piero e poi ho seguito nel tempo l’uscita di tutte le altre opere. Ovviamente ho assistito a molti concerti, i più belli all’aperto alle feste dell’Unità, portando i figli ancora piccoli per plagiarli a dovere (fin che ho potuto scegliere cosa ascoltare in auto si sono sorbiti solo Guccini, Gaber, De Andrè e Bertoli, gli ho risparmiato solo Brassens). Ricordo l’uscita di ‘Amerigo’ con la stupenda metafora di Le cinque anatre, e poi nel 1983 ‘Guccini’ con la meraviglia di Autogrill. Ricordo come fosse ieri, nel 1987 sposato da un anno in attesa del primo figlio, l’ascolto con mia moglie di ‘Bovary’. E poi sognare qualche anno dopo con Don Chisciotte e la Canzone per il Che, fino alla filosofica L’ultima volta ne ‘L’ultima Thule’. Si tratta di poesie in musica, che si possono cantare mentre si guida per andare al lavoro o mentre si corre. Poesie colte, sagge e filosofiche, perché parlano ‘D’amore, di morte e di altre sciocchezze’…Mentre ascolti o canti, ti emozioni, pensi e rifletti. E poi tanta ironia e tanta antiretorica. Il valore di queste canzoni è Guccini stesso a raccontarcelo nel testo di presentazione di ‘Stanze di vita quotidiana’ (del 1974 e stroncato dal critico musicale Bertoncelli, proprio quello dell’Avvelenata). Scrive Guccini: “Non che queste (canzoni) debbano avere un’importanza tale che valga veramente la pena ricordarle, ma può far piacere raccontarle, e a qualcuno può far piacere ascoltarle, tutto qui. La canzone è il fatto di un momento che serve per altri momenti. Non ci sono né trascendenze né messaggi”. E noi nel 2020 continuiamo a cantare e ad ascoltare canzoni scritte oltre mezzo secolo fa. Buon compleanno Francesco e grazie per le emozioni di una vita!