La notizia è relegata a un trafiletto in una pagina interna di un quotidiano: un giovane ragazzo affetto da sindrome di Down, nato in Italia da genitori di origine albanese, finalmente al compimento dei 18 anni fa richiesta della cittadinanza italiana (in base alla legge n.91 del 1992). La domanda, attesa da una vita, viene negata perchè il ragazzo è giudicato “incapace di intendere e volere, e quindi nell’impossibilità di prestare giuramento di fedeltà alla Costituzione”.
Personalmente avrei raccontato l’episodio in prima pagina, sollecitando una riflessione collettiva sul senso di appartenenza, sul diritto di cittadinanza, sulla disabilità, sull’equità sociale. Non posso realizzare questo proposito, ma posso chiedere scusa a questo ragazzo e alla sua famiglia, e ammettere che siamo un popolo di lunga storia ma di scarsa civiltà. Senza cittadinanza questa famiglia proseguirà la propria permanenza nel nostro Paese rinnovando periodicamente il permesso di soggiorno, magari ringraziando per l’assistenza sanitaria e sociale che gli viene fornita. A noi però rimane l’amarezza di aver perso un’occasione per accogliere un giovane disabile e farlo sentire una persona.