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Riflessioni sulla Partenza

Alessandro Volta

Uscita a Rocca del 16-17 giugno 2007

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Lo scautismo cerca di educare il ragazzo (attraverso il gioco e l’avventura) a diventare grande, cioè capace di camminare in modo autonomo e di saper scegliere la strada migliore per lui.

In questo senso lo scautismo può essere considerato una ‘metafora dell’esistenza’, una ‘scuola di vita’, dove il ragazzo può vivere un’esperienza esistenziale protetta e semplificata (ma concreta), proporzionata alla sua età e alle sue possibilità.

Il grande gioco dello scoutismo sarebbe cioè una ‘rappresentazione in scala’ della realtà complessa del vivere sociale (un campo scout non è forse una città in miniatura, con tempi, luoghi e organizzazione ben definiti?).

La Progresione Personale è un lungo e graduale cammino (12 anni) che accompagna il ragazzo verso un ambiente sempre meno protetto (sempre meno in scala), dove alla fine il gioco finisce per coincidere con la realtà e l’avventura da affrontare è quella della vita nella società; la Partenza è questo terminare il cammino simulato, accompagnato da capi/fratelli maggiori, per cominciare il cammino autonomo (fuori metafora e a carte scoperte).

Lo stesso avviene tra genitori e figli, quando ad una certa età il genitore deve (o dovrebbe) consegnare il figlio al mondo, dopo averlo aiutato (nel corso degli anni) ad acquisire gli strumenti essenziali per ‘abitare il mondo con fiducia’.

Con la Partenza anche il capo si separa dal suo ragazzo e da quel momento questi dovrà dialogare direttamente (senza mediazione) con se stesso, con il mondo, con Dio.

Dopo la partenza finisce la Progressione Personale e inizia la Formazione Permanente, che dovrebbe durare tutta la vita; mentre la prima si fonda sul rapporto capo-ragazzo, la seconda si nutre della relazione alla pari con gli altri, utilizzando i contesti e i momenti forti (comunità, famiglia, Chiesa, ecc).

Nello scautismo la scelta di Fede è enunciata nel Patto Associativo ed è/sarebbe ‘vincolante’ per un capo (sia in attività che nella vita, perché in un capo i due ambiti dovrebbero coincidere); per un ragazzo invece la fede (come ogni altra nostra attività) è una proposta, un’occasione di esperienza esistenziale, e viene richiesta prevalentemente una disponibilità a mettersi in gioco e a partecipare volontariamente e con il maggior entusiasmo possibile (una spiritualità più strumento che fine).

Quindi potrebbe essere normale per un ragazzo vivere volentieri una Messa al campo (con don Matteo) in un contesto speciale, e non avere invece nessun interesse per una Messa ‘normale’, fuori da un contesto che non sia il precetto (mentre al capo e all’adulto è giusto chiedere un’adesione coerente e costante).

Al partente quindi non mi sento di chiedere: quanto è grande o piccola la tua Fede? (non lo può sapere neppure lui), ma potrò chiedergli: da ora in avanti, sei disposto a camminare verso il Signore con le tue gambe? Da questo momento non ci sarà più un capo a tenerti per mano e ad accompagnarti; devi quindi impegnarti autonomamente a cercare il Signore nella tua vita. Sei disposto a questo, o appena ti lascio è inevitabile che tu ti perda?

In effetti chi prende la Partenza non è ancora un adulto maturo, ma possiede tutti gli strumenti per poterlo essere. La verifica saranno i momenti impegnativi o drammatici della sua vita (matrimonio, figli, scelte lavorative, lutti, ecc), solo allora sarà possibile vedere il frutto della semina ed eventualmente ‘misurare’ la sua Fede (e sarà possibile vedere persone ‘leggere’ rinforzare il loro rapporto con Dio e ri-trovare un senso alla propria esperienza, mentre altri più ‘ortodossi’ potrebbero perdersi, senza riuscire a vivere la Fede nel momento della necessità).

Aver Fede non significa semplicemente crede in Dio né essere presenti a Messa ogni domenica, vuol dire piuttosto affidare la propria vita a Dio quotidianamente e costantemente, come un bambino si affida alla mamma e al papà.

La Fede è un dono, ma spetta a noi far cresce questo dono attraverso un assiduo cibarci di Dio; nel cammino scout sono i capi e gli assistenti a cucinare i cibi spirituali per i ragazzi, più avanti lasciamo i giovani cucinare da soli fornendo loro solo gli ingredienti; al momento della Partenza il ragazzo dovrebbe aver imparato a procurasi il proprio cibo spirituale e a cucinarselo da solo (anche se ogni tanto potrà condivide il proprio pranzo con gli altri).

Chiediamo ai partenti di continuare a cercare cibo spirituale e di cucinare con passione (anche nuove ricette), evitando un inutile e superficiale digiuno di Dio, in grado di produrre soltanto magri e patiti ‘cristiani anoressici’.