Chiesa e Politica
(lettera a Vita Nuova, 2007)
In questi giorni di intenso dibattito tra gli organi politici che governano il nostro paese e le massime cariche ecclesiali nazionali, come cattolico impegnato nel sociale e nel campo educativo, avverto un profondo disagio e una forte preoccupazione. In particolare il cuore e la mente sono assillati da brani della Gaudium et Spes, meditati anni fa, che invitavano (dovrei usare un verbo al presente, ma non mi riesce) al dialogo con tutta la società civile, dichiarando chiaramente che “la Chiesa in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico” (76) che “i cristiani, per ciò che concerne l’organizzazione delle cose terrene, devono ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali e rispettare i cittadini che difendono in maniera onesta il loro punto di vista” (75), che “la Chiesa non pone le sue speranze nei privilegi offertigli dall’autorità civile; anzi, essa stessa rinuncerà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza” (76).
La mia preoccupazione aumenta quando ripenso alle recenti parole scritte da Enzo Bianchi nel suo ultimo libro ‘La differenza cristiana’. Le sue domande sono oggi le mie: “In una società pluralista, in cui le differenti convinzioni devono potersi manifestare e confrontare, le religioni sono legittimate a esprimersi pubblicamente senza diventare gruppi di pressione e senza pretendere che le proprie convinzioni debbano diventare legge per gli altri che non fanno riferimento a una fede?” e ancora “ci sarà la possibilità per i cristiani di dire pubblicamente il loro disaccordo senza organizzarsi in crociate e senza indurire la loro identità, arroccandosi in una opposizione ostile alla società?”. Il priore di Bose le sue risposte le sviluppa con chiarezza, invitando al dialogo e a considerare la diversità e la pluralità delle opinioni come una ricchezza anziché una minaccia; è soprattutto la testimonianza che Bianchi chiede ai cristiani, ed è la testimonianza che noi adulti ed educatori cattolici oggi dobbiamo proporre alle giovani generazioni.
Come cristiano sento forte l’impegno di dover annunciare e manifestare con la mia vita l’amore che Dio ha per gli uomini, non riesco invece a sentirmi difensore di una religione civile, capace di pesare politicamente come ha fatto nei secoli passati. Mi ero illuso che il Concilio Vaticano II avesse definitivamente chiarito il rapporto tra Chiesa e Politica e avesse indicato con precisione la strada sulla quale, pur a fatica, si dovesse camminare.
Nonostante sia appena terminato il Convegno di Verona, ho l’impressione che l’attuale dibattito tra la politica e i vertici della Chiesa, da un po’ di tempo, si stia svolgendo escludendo totalmente il confronto interno alla Chiesa stessa e senza il coinvolgimento dei laici e dei giovani in particolare. Il rischio, altissimo e pericoloso, è quello profeticamente sollevato nel 2005 ancora da Bianchi “in questo clima, come non notare il farsi silente di chi constata l’impraticabilità del dissenso legale, di chi teme che ogni opinione diversa venga bollata come contestazione della Chiesa, mancanza di amore per essa o addirittura connivenza con il ’nemico’? “
Alessandro Volta
(medico e capo scout)