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Nonostante i miei sforzi non sono mai riuscito a provare per Benedetto XVI quell’affetto che un fedele dovrebbe avere per chi è chiamato a guidare al Chiesa. Pur avendo molto apprezzato l’enciclica ‘Deus Caritas Est’ (che ritengo decisamente sottovalutata), fino ad ora non ero riuscito a trovare particolari qualità in Papa Ratzinger, e ovviamente non mi riferisco alla persona bensì al ruolo ricoperto. Lunedì invece ogni mio giudizio – e pregiudizio – è stato letteralmente spazzato via da questo incredibile atto di rinuncia (è scorretto parlare di dimissioni).
Improvvisamente questo anziano studioso mi è diventato umano, perché ha saputo riconoscere con umiltà la propria difficoltà, ma nel contempo mi è parso anche ‘sovraumano’, perché ha compiuto un gesto insolito, non previsto, coraggioso, che, come scrive oggi Barbara Spinelli, ‘desacralizza per forza di cose il papato’ (ma desacralizzare non significa relativizzare). La guida della Chiesa resta necessaria e importante, ma in futuro, anche a seguito di questa rinuncia, sarà un ruolo sempre più legato al carisma, alla forza e alla responsabilità di un uomo e sempre meno basata su idee un po’ antiche di infallibilità o di insindacabile giudizio.
Già Paolo VI ci aveva abituato a un Papa umile e in perenne ricerca di una difficile verità; dopo di lui Giovanni Palo II era riuscito ad avvicinarsi con profonda umanità ai fedeli come agli increduli, ai giovani come ai malati, giungendo fino alle faticose ma limpide richieste di scuse per gli errori del passato.
Nel discorso di lunedì Benedetto XVI ha pronunciato parole, a mio avviso, molto precise e scelte con grande attenzione. La decisione è nata “dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio”. I motivi profondi: “sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte” per risolvere le “questioni di grande rilevanza per la vita della fede”. Anche il riferimento a ‘il mondo di oggi’ è denso e inquietante.
Quali siano queste grandi questioni non è così importante definirlo ora né tantomeno ritengo utile, in questo momento, lanciarsi in arbitrarie classifiche o opinabili elenchi di priorità; credo sia più saggio fermarsi alla già significativa considerazione che in questa fase storica la Chiesa Cattolica sta vivendo problemi importanti e urgenti, che richiedono una figura forte, forse giovane, senz’altro più determinata e più adatta a guidare questo difficile processo.
Mi auguro che i vescovi che si riuniranno in Conclave possano essere consapevoli di tutto questo e sappiamo chiedere con umiltà allo Spirito la forza per una scelta coraggiosa.
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