Ho finalmente trovato il tempo per leggermi il 22° Rapporto Statistico sull’Immigrazione redatto da Caritas e Fondazione Migrantes e il 5° rapporto EMN (European Migration Network) a cura del Ministero dell’Interno e della Commissione Europea, entrambi di recente pubblicazione (a fine articolo sono riportati i link per desidera approfondire). I dati sono riferiti al 2010 per alcuni parametri e al 2011 per altri (fonte Istat, Ministero degli Interni, Censis, Cna, Cnel, centro Studi IDOS). Lo scopo di questi rapporti è “fornire uno strumento di conoscenza per gli operatori del settore”; scopo di questo mio articolo è invece quello di provare a eliminare alcuni diffusi pregiudizi.
Il primo dato importante che emerge dal documento riguarda il numero di immigrati nel nostro Paese: quelli regolari sono 5 milioni (questo dato comprende anche i comunitari), gli irregolari sono circa 400mila (quindi meno del 10%). Il rapporto regolari/irregolari dipende anche dalle episodiche regolarizzazioni che nel corso degli anni hanno accompagnato le diverse leggi nazionali sull’immigrazione (dal 1986 sono stati prodotti ben sei diversi provvedimenti governativi).
Gli immigrati lavoratori sono 2.5 milioni e contribuiscono per il 4% al PIL, con un gettito per l’IMPS di 8 miliardi all’anno (il 5% del totale, senza il quale ci sarebbe un passivo). La maggior parte degli immigrati residenti nel nostro Paese sono ‘lungosoggionanti’ (> di 5anni, ma in molti casi anche 10-20). In grande crescita sono le attività imprenditoriali (220mila piccole e medie imprese che interessano il 4% dei lavoratori immigrati). Come più volte sottolineato dalla Banca d’Italia gli immigrati, oltre al contributo demografico, attualmente stanno fornendo un rilevante contributo economico e sociale (quest’ultimo legato soprattutto all’assistenza domiciliare: il 75% delle ‘badanti’ sono di origine straniera). Altri settori con elevata presenza di stranieri sono l’edilizia, l’agricoltura e gli allevamenti (dove rappresentano il 90% della forza lavoro). Percentuali molto alte si evidenziano anche nelle squadre di calcio (50% in serie A) e tra i servizi infermieristici/assistenziali.
I minorenni stranieri sono 1 milione (20%), di questi 650mila sono nati in Italia. Rappresentano il 18% della popolazione scolastica (ma in alcune città del Nord, per alcune fasce di età, questa percentuale supera il 30%). I matrimoni misti sono cresciuti velocemente, attualmente sono l’8% (media nazionale). Il 20% degli immigrati posseggono la casa di proprietà; il 40% ha un titolo di studio di livello medio-superiore; il 10% è iscritto a un sindacato; il 4% frequenta corsi universitari.
Per il momento la maggior parte degli immigrati è rappresentata da individui sani e attivi. Analizzando il loro contributo fiscale e i costi sociali in servizi emerge un netto saldo attivo (cioè per ora ci costano meno di quanto producono). Su questo aspetto il rapporto ha commissionato uno studio apposito al fine di fornire un giudizio preciso e attendibili su un tema molto dibattuto, ma fino ad ora piuttosto incerto. Nel calcolo dei costi sono state inerite le voci delle spese sanitarie, scolastiche, dei servizi sociali, dell’edilizia residenziale e sociale, oltre ai costi per tribunali e carceri e quelli per i centri di accoglienza. Il risultato evidenzia un saldo attivo di 1.7 miliardi di euro (mi rendo conto che questo dato darà senz’altro fastidio a qualcuno, ma per ora i numeri sono questi).
Il rapporto analizza anche altri dettagli, suddivisi regione per regione, e termina con i numeri relativi al tema dei rifugiati. Segnalo anche un interessante capitolo che analizza l’integrazione culturale e religiosa (33% è la quota di religione mussulmana, 30% quella cristiano-ortodossa).
Molto interessante è, a mio avviso, la parte del rapporto che affronta il tema della criminalità: nel raffronto stranieri-italiani, per pene inferiori ad 1 anno, gli immigrati risultano in percentuale doppia, ma quando si considerano i reati con pene superiori ai 5 anni gli italiani sono nettamente prevalenti (ma nel 2010 gli stranieri in attesa di giudizio definitivo erano il 48%, contro il 38% degli italiani). Come è normale attendersi, i reati sono in massima parte a carico di immigrati maschi senza famiglia (relativamente a questo aspetto, la presenza di moglie e figli rappresenta senz’altro un fattore protettivo) .
Le proiezioni ISTAT per il 2065 prevedono per il nostro Paese 40 milioni di decessi e 28 milioni di nascite, con un saldo negativo di 12 milioni di persone che ci porterebbe al collasso demografico e produttivo (con gli ultra 65enni al 30%); probabilmente soltanto l’arrivo di circa 11 milioni di stranieri potrà permettere di mantenere l’equilibrio demografico (gli ‘stranieri’ fra 50anni rappresenteranno quindi il 25-30% della popolazione). Quest’ultimo dato deve far riflettere sull’opportunità di riformare la legge sulla cittadinanza e quella sul diritto di voto amministrativo, se vogliamo mantenere una minima coesione sociale e un efficace rapporto tra diritti e doveri di tutti i cittadini residenti.
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