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Appena conosciuti gli esiti elettorali ho iniziato uno scambio di idee e riflessioni tramite mail e facebook, ma è solo a distanza di una settimana, a freddo, che mi sento di poter esprimere un giudizio (inevitabilmente condizionato dalle numerose letture e discussioni di questi giorni).

Cosa è successo

Il PD ha perso. E fino a oggi solo Renzi lo ha ammesso senza paura e senza usare il solito linguaggio politichese. La sconfitta a mio avviso non è tanto nei numeri (e nella conseguente ingovernabilità), quanto nella sostanza, ed è una sconfitta prettamente politica. Rispetto al 2008 abbiamo perso 3.6 milioni di consensi, ne deduco che gran parte dell’elettorato non ha capito o non ha accettato la nostra proposta, non ha creduto in un progetto chiaro e articolato, non ha avuto fiducia nelle persone candidate, non ha apprezzato e riconosciuto lo sforzo delle primarie.

Molti italiani non si sono resi conto che il PD negli ultimi mesi ha iniziato un processo di cambiamento, un rinnovamento che per consolidarsi ha però bisogno di tempi tecnici e che potrà mostrare i suoi frutti solo al prossimo congresso in programma per l’autunno. Ritengo che la vittoria di Renzi alle primarie avrebbe potuto rendere palese e concreto questo cambiamento, convincendo molti elettori del centro e di Grillo. E’ mancato il coraggio, ma soprattutto non c’è stata la capacità, indispensabile per la politica, di ‘annusare’ l’aria e di leggere i segnali di insofferenza dei cittadini. E’ mancata l’umiltà di ascoltare e di chiedere opinioni direttamente ai cittadini nei mercati o per strada, ma anche semplicemente leggendo i numerosi commenti disponibili in rete.

Ritengo che la politica dei circoli sia ormai marginale, quella delle riunioni dei dirigenti poco utile e a volte fuorviante, quella dei sondaggi decisamente confondente, quella dei dibattiti televisivi poco incisiva per la maggioranza degli elettori. Il PD non ha capito in tempo che siamo entrati in una fase di veloce cambiamento sociale (in pratica una specie di ’68), dove milioni di italiani (secondo i calcoli sarebbero 16 milioni) per la prima volta dal dopoguerra hanno avuto il coraggio di modificare la loro scelta di voto. Purtroppo siamo definitivamente caduti nello schema elettorale americano, dove non conta tanto cosa si dice, ma chi lo dice e come lo dice; quindi avere grandi contenuti e ottime idee non premia più, soprattutto se manca un’efficace capacità di comunicare la proposta. Gli interventi fatti da Renzi alle primarie sono un chiaro esempio di come i contenuti possono e devono arrivare ai cittadini: infografiche dirette ed essenziali, video simpatici, slogan che sappiano coinvolgere emotivamente e facciano intravedere un’idea.

Alla demagogia e al populismo della politica berlusconiana il PD resta lontano anni luce (e continua a dimostralo con coerenza, anche a rischio di pendere consensi), invece con il movimento di Grillo credo che sia possibile (e adesso necessario) confrontarsi. Su molti contenuti c’è concordanza, su altri invece la divergenza è netta. Molti elettori cinquestelle hanno idee di sinistra, provengono da comitati o da gruppi ambientalisti, hanno un forte senso civico, sono giovani e informati, sono guidati dall’utopia di poter cambiare il sistema. Molti aderenti del movimento sono, a mio avviso, migliori del loro guru, meno offensivi e irresponsabili e più aperti al dialogo, anche se il sentimento di base che li ispira resta un deciso: adesso basta! Il PD ha perso il treno per intercettare questo ‘adesso basta’ e costoro sono saliti su un altro treno, senza neppure sapere con precisione dove li avrebbe portati.

Cosa succederà

Forse dovrei evitare di proseguire questo post, perché a distanza di una settimana dal voto il mio pessimismo e la mia preoccupazione anziché calare sono nettamente cresciuti. Lo tsunami c’è stato davvero e le conseguenze sono quelle tipiche di ogni tsunami: macerie e distruzione. I tempi di ricostruzione saranno lunghi e difficili, perché il cambiamento doveva avvenire per tempo, più gradualmente, mantenendo le strutture essenziali. Le ipotesi formulate in questi giorni sono numerose e fantasiose, ma molte a mio avviso sono poco compatibili con i tempi che chiede l’Europa e soprattutto il mercato globale.

Il patto PD e M5S continua a sembrarmi l’opzione più utile al Paese, l’unica veramente percorribile, ma la chiusura di Grillo (strumentale e irresponsabile) sembra, fino a questo momento, definitiva. L’alternativa è quella del governo tecnico, anche con lo stesso Monti, per gestire le scadenze europee e permettere al nuovo Parlamento di riformare la legge elettorale (l’unica cosa che il precedente Parlamento aveva il compito di fare nel corso dell’anno appena trascorso…). Nel frattempo però l’Italia si ferma, le riforme avviate solo a metà (penso a quella della sanità) si bloccano, e i grandi problemi legati all’economia e allo sviluppo non potranno vedere i necessari e urgenti interventi.

Ritornando a votare entro pochi mesi, temo che avremo un PD che perde ancora qualcosa e un M5S che per effetto di trascinamento e di imitazione cresce ancora (prevedo un 35%). Con una nuova legge elettorale i grillini possono ambire a governare, ma per questo impegnativo compito dovrebbero dimostrare di maturare rapidamente le necessarie competenze e dotarsi di una organizzazione interna più chiara e democratica. Di uomini soli al comando, arroganti e onnipotenti, l’Italia non ha proprio bisogno.