Cerchiamo costantemente il senso della nostra esistenza o più in generale il significato della vita, ma spesso cerchiamo fuori da noi stessi.
Per me la morte non è la fine della vita, così come la nascita non è l’inizio di essa. Prima della nostra esistenza e dopo la nostra morte il mondo appare ricolmo di vita; è per questo che cercare il senso della nostra singola esistenza potrebbe diventare inutile o fuorviante.
E’ se fosse la vita –quella senza fine e senza inizio- ad avere significato in se stessa? Il significato della vita potrebbe essere la vita stessa. Lo scopo della vita: vivere e dare vita.
La morte del mio amico non modifica la mia vita, ma nella mia vita prosegue la sua. La vita non è il mio corpo né il mio spazio, e neppure il mio tempo; la vita, anche la mia personale, prescinde le persone, e la mia vita prescinde me stesso.
Quando sono nato, ho iniziato la mia esistenza consapevole -quella che posso vivere personalmente- in realtà avevo già iniziato a vivere. Il mio pensiero, le mie idee, ma anche i miei sensi e le mie azioni, avevano già iniziato a esistere: ero già nel pensiero, nelle parole e nelle azioni di migliaia di uomini, vissuti per migliaia di anni.
Dopo la mia morte la mia vita continua fuori di me: nei figli, nelle parole, nei pensieri; possiamo diventare sassi come il Colosseo o parole come l’Ecclesiaste o note musicali o idee o ricordi.
L’errore -l’errare- è chiedersi perché vivo, quale è il senso della mia vita; la mia vita di per sé non ha senso, perché la vita è Dio che ha senso in se stesso.
Il tempo non esiste per la vita -esiste per me-, per la vita il tempo non ha inizio e, per quanto possiamo percepire da vivi, non ha fine.
Il corpo, come lo spazio -quello astronomico e quello subatomico- per la vita non esiste, esiste solo per me che nasco, che invecchio e che muoio.
La vita è il miracolo di Dio: essa infatti è improbabile e incomprensibile, anche se è l’unica certezza (l’unica cosa certa dell’esistenza è esistere). Purtroppo comprendiamo solo frammenti dell’esistenza, e possiamo capire il senso della vita solo mettendo insieme tutti i frammenti -anche quelli di altri uomini e di altre epoche-.
Se prima di nascere vivevo senza il mio corpo e senza il mio tempo, dopo la morte continuerò a vivere senza corpo e senza tempo; ma è soltanto tra la mia nascita e la mia morte che posso consapevolmente comprendere ciò.
Allora per capire il senso della vita è sufficiente vivere, ora, adesso e ringraziare la vita -Dio- in ogni momento per questa opportunità; e chi ha paura della morte ha vissuto poco o nulla , ma soprattutto non ha capito la vita.
Quando morirò si dovrà piangere perché si perderà un amico di viaggio, ma non si dovrà piangere per me che smetto di vivere; è per chi, pur nascendo non ha vissuto e non ha capito, che bisogna piangere.
Per capire la vita possono bastare pochi minuti, non serve vivere a lungo, può essere sufficiente un unico spazio, un solo libro, una sola parola, un solo amico; non serve viaggiare, leggere, fare, perché tutto non può essere visto, letto, fatto -tutto è già stato fatto e detto, e tutto ricomincia dall’inizio-.
Non serve spazio e tempo per vivere la vita, perché l’esistenza può essere vissuta anche in un solo istante; godere la vita significa sentirla dentro, assaporarla con la mente e il cuore in maniera consapevole; questo avviene quando ne comprendo il significato, altrimenti sono semplice corpo che cerca, che prova, che perde tempo -ma il tempo serve per trovare il senso della vita, e una volta trovato non servirebbe più altro tempo-.
Se il senso della vita è vivere, il piacere più grande è far vivere, far nascere altre vite, aiutare a non morire chi ancora ha bisogno di vivere, far capire la vita a chi vive come un morto, far continuare a vivere chi è morto.
E’ il corpo ad ingannarci; il corpo condiziona i nostri pensieri e limita la nostra conoscenza; perdiamo tempo a farlo crescere, a curarlo, a farlo riposare, a non farlo morire, e così rischiamo di non farlo vivere.
I nostri corpi e i nostri anni sono precari e improbabili, il tempo scappa e il corpo può essere annientato in un istante qualunque, e questo è vero per me, per i miei figli e per i loro figli. Per lo stesso motivo non ha senso la felicità e il dolore delle nostre singole esistenze.
Ha senso invece sentire la capacità -o anche solo la possibilità- di conoscere (vivendo) la vita che ci precede e che ci segue; questo significa sentire Dio -vita perfetta e assoluta-, significa far parte della vita di Dio e contribuire alla sua esistenza.
Significa che Dio non è fuori di me, perché egli mi precede e mi prosegue (ma mi prosegue con me).
Vivere significa conoscere e sperimentare Dio. Tra la nostra nascita e la nostra morte siamo una parte di Dio, nessuno di noi ha senso in sé e nessuna delle nostre esistenze si giustifica da sé.
parole bellissime. ti ringrazio di cuore.c’è poco da meditare, ma c’è tanto da riflettere. grazie