Papa Francesco. Avrei preferito Francesco Papa, ma non potendo tornare indietro di otto secoli, va bene anche che un Jorge Mario proveniente dall’altra parte del globo decida di cambiare nome e di guidare la Chiesa ispirandosi al visionario di Assisi.
Papa Francesco è anziano, ma sembra energico e con le idee chiare. La sua vita, come quella di tutti coloro che hanno vissuto tanto, presenta luci e ombre. Le ombre sono quelle dei rapporti con la dittatura Argentina, con la quale immagino che avrà dovuto tenere un profilo di rimessa (in caso contrario anche lui sarebbe stato soppresso e oggi non sarebbe Papa). Mi preoccupa maggiormente la netta presa di distanza nei confronti della teologia della liberazione (ma se così non fosse, non sarebbe neppure diventato cardinale).
Oggi però Jorge Mario è diventato Francesco, e credo che sia al futuro di questo nuovo Francesco che bisogna guardare. Oggi lo troviamo vestito di bianco seduto nella corriera assieme ai cardinali che lo hanno scelto, e a me sembrano davvero in gita scolastica, chissà se nel breve viaggio hanno cantato…
Trovo importante che prima della scelta sacerdotale (è stato ordinato a 33 anni) abbia condotto una vita molto comune, con calcio, tango e fidanzata regolamentare (anche quello di Assisi prima della conversione non si era fatto mancare nulla), e che poi anche da sacerdote e da vescovo abbia mantenuto uno stile sobrio e umano. Lo stile che serve oggi al Vaticano per essere credibile e ispirare fiducia nei credenti come nei non credenti.
Papa Francesco è stato ordinato successivamente al Vaticano II e questo non può essere privo di conseguenze. La strada aperta da quel fondamentale Concilio sembra esercitare un forte richiamo per questo Papa, che fin dal primo minuto di pontificato ha preferito presentarsi come Vescovo della diocesi di Roma che come Pontefice Massimo della cristianità. Chiedere ai fedeli riuniti in piazza San Pietro di benedirlo e di pregare per lui non ha un valore simbolico, ma è a mio avviso un vero e proprio cambio di paradigma, in perfetta coerenza e sintonia con lo spirito del Concilio.
Leggo in questi primi segni lo sforzo di ascoltare i bisogni della Chiesa (quella rappresentata dall’insieme delle donne e degli uomini che credono), di leggere i segni dei tempi e cercare faticose risposte alle nuove difficili domande.
Come credenti dobbiamo accettare di fidarci e di sperare nello Spirito. Ed è allo Spirito che chiediamo di soffiare su Papa Francesco forza e coraggio per le sfide nuove, quelle per le quali Benedetto XVI con grande umiltà ha riconosciuto di non possedere sufficiente energia.
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