Palazzo del Governatore. Seduta congiunta del Consiglio Comunale e Provinciale
Intervengo volentieri in questa importante giornata, portando la voce del gruppo consigliare del PD, ma anche in quanto membro della commissione Pari Opportunità.
Il tema che stiamo dibattendo è di grande rilevanza e attualità per la nostra comunità. Oggi non stiamo semplicemente contrastando un’odiosa forma di intolleranza e di pregiudizio, in realtà stiamo celebrando il diritto fondamentale delle persone a essere se stesse e a poter vivere relazioni affettive senza paura e senza bisogno di nascondersi.
Questo diritto non è limitato all’orientamento sessuale, ma può essere esteso a numerosi altri aspetti dell’individuo nel suo vivere con gli altri; le stesse osservazioni infatti possiamo farle riguardo al genere, alla fede religiosa, al Paese di origine, al colore delle pelle, ma in teoria anche alla forma del naso o al mancinismo (anticamente qualcuno chiamava la sinistra la ‘mano del diavolo’).
I fatti di cronaca che riportano episodi di omofobia sono solo la punta di un iceberg, sono l’espressione acuta e violenta di un sottosuolo culturale più grande e nascosto, e in quanto tale molto più difficile da sradicare. La cultura dell’intolleranza e dell’arroganza, la paura del diverso e del nuovo, rappresentano il maggior limite alla costruzione di una società aperta, capace di dialogo e di confronto, e quindi di progredire.
Ma c’è di più. Sentire nell’altro una minaccia pregiudiziale significa non aver maturato la dimensione umana della relazione, significa non aver compreso che ognuno di noi è definito dall’altro.
Permettete un pensiero da medico. Quando parliamo di omofobia, nonostante non sia possibile classificarla tra le fobie tipiche dei disturbi mentali, in realtà ci riferiamo a un disturbo caratterizzato da un vero e proprio disadattamento, e dunque ad una forma psicopatologica che esprime avversione e paura nei confronti di persone e situazioni che non rappresentano un reale pericolo per l’individuo. Gli omofobici sono dunque senz’altro da contrastare, ma anche da aiutare (mi verrebbe da dire ‘da curare’); è noto come molti di loro presentino un’omosessualità latente o repressa, altri invece manifestano tratti di profonda insicurezza di sé, oltre che un livello culturale e riflessivo piuttosto limitato.
Se questa è un po’ la diagnosi, la terapia non potrà che passare dalla cultura, dalla riflessione comunitaria, dal creare legami sociali più veri e profondi. La paura dell’altro viene vinta con la condivisione e i contatti personali, perché i tuoi amici omosessuali alla fine sono soltanto degli amici, dei veri amici.
La politica può fare davvero molto per promuovere regole di convivenza civile e di uguaglianza, ma deve anche creare occasioni per sperimentare relazioni umane ricche e prive di pregiudizi. La politica non può e non deve accontentarsi, deve invece volare alto e imporsi di tenere al centro sempre e comunque la ‘persona, ogni persona, tutte le persone. Allora probabilmente giornate come questa potranno diventare non più necessarie.