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A. N. Whitehead, Creazionismo e evoluzionismo, Dio e il Mondo, Fede e Scienza, John Haugth, Teologia dell'evoluzione, Teologia processuale
Evoluzionismo e creazionismo sono generalmente considerate due visioni della realtà antitetiche, la prima espressione della scienza la seconda della religione. Ne deriva un inevitabile e insanabile contrasto, come se l’una negasse l’altra. Nel XV secolo una simile querelle ha contrapposto la teoria di Copernico alla versione ufficiale che considerava la terra al centro dell’universo; sono occorsi molti anni, ma alla fine l’evidenza scientifica si è imposta, modificando definitivamente le precedenti ‘certezze’. Analogamente, le nuove conoscenze sull’evoluzione delle specie viventi, anziché negare l’interpretazione religiosa della creazione, producono nuovi elementi per una migliore e più profonda interpretazione della realtà. Dopo Darwin la teologia si trova nella necessità di aggiornare le proprie teorie, producendo un ulteriore salto conoscitivo del mondo creato. I primi capitoli della Bibbia sono stati scritti partendo dalle conoscenze disponibili in quel periodo, oggi abbiamo nuovi elementi per descrivere l’origine del mondo; nei secoli a venire il genere umano approfondirà ulteriormente il proprio sapere, con la consapevolezza che una conoscenza assoluta resterà preclusa.
Da alcuni decenni è attivo un gruppo di teologi dell’evoluzione, che cercano di ripensare il rapporto tra Dio e l’Uomo, tra il Creatore e il Creato, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche. All’origine di questa ricerca abbiamo la Teologia Processuale di Alfred North Whitehead, attivo nella prima metà del ‘900 (per approfondire); successivamente molti altri pensatori e studiosi hanno fornito importanti contributi (J. Polkinghorne, W. Pannenberg, J. Moltmann, D. Griffin, C. Hartshorne, per certi aspetti anche Teilhard de Chardin e H. Jonas). In questo articolo mi riferisco principalmente al teologo statunitense John Haught, che nel 2000 ha sintetizzato le sue ricerche nel libro “God after Darwin. A Theology of Evolution” (ed. it. “Un Dio evoluto”, 2002).
Per Haught la scoperta dell’evoluzione non rappresenta alcun pericolo per la religione, al contrario essa permette alla teologia di comprendere che la realtà è in perenne rinnovamento: la creazione viene considerata un processo ancora in corso, in coerenza con l’evidenza scientifica di un universo che dopo il big bang (più o meno 14 miliardi di anni fa) prosegue il suo processo di espansione. Ne deriva che la realtà fisica (e noi che ne facciamo parte) è imperfetta e incompleta. Questa visione del mondo porta a posizionare Dio ‘là davanti’ nel tempo, anziché ‘lassù’ nel cielo; il Dio della Bibbia non è forse Colui che precede il popolo? che lo conduce? che fa nuove tutte le cose? L’idea di una creazione continua e di un universo imperfetto rappresenta l’unica possibilità per dare un senso alla teodicea (giustificazione del male nel mondo in relazione alla bontà divina) e riesce a rendere ragione anche dell’indeterminismo presente negli studi della fisica quantistica.
Secondo la visione teologica processuale di Whitehead, “l’evoluzione è la risposta del mondo al desiderio stesso di Dio che l’universo lotti per conseguire modi sempre più ricchi e abbondanti per attuare l’intensità estetica”. In una creazione dinamica e continua, un Dio incarnato soffre insieme alla sua creazione, le sofferenze e le lotte dell’intera storia dell’evoluzione cosmica confluiscono nella compassione divina che le redime dando loro significato. La visione evoluzionistica della realtà non nega un’azione creatrice all’inizio del processo universale e non prevede che la vita sia nata per caso e autonomamente; resta intatto il principio che “nessun effetto può essere maggiore della sua causa”, e dunque che la materia inanimata, da sola, non possa far nascere organismi viventi (H. Bergson).
Per Teilhard de Chardin la tradizionale filosofia dell’essere ha reso confusa la dimensione dinamica della realtà, costantemente proiettata verso il futuro, con un Dio che chiama ‘là davanti’, anziché un Creatore che ‘spinge’ dal passato. La fede è l’esperienza di essere afferrati da ciò che deve avvenire; l’intera narrazione biblica è basata sulla promessa e sulla speranza. Ma l’amore di Dio non può essere imposto o esercitato con potenza; per questo Moltmann descrive il piano di Dio come un’umile e amorevole ‘lasciare esistere’ il mondo: è la ‘ritirata’ di Dio che permette al cosmo di esistere. Dio non è quindi un progettatore che pianifica il mondo dal passato, ma Colui che continuamente rinnova il mondo e gli permette di avere un futuro; “un Dio la cui vera essenza consiste nell’essere il futuro aperto del mondo, non è un’entità che pianifica e progetta, ma la sorgente che lascia sgorgare all’infinito nuove possibilità e nuova vita”. Secondo Tillich “nel processo cosmico, nulla va mai perso o dimenticato”.
Dalla visione evoluzionistica ne derivano conseguenze etiche: “la consapevolezza che la nostra condotta può contribuire almeno in parte alla creazione in corso e all’espansione della bellezza cosmica”. La vita spirituale non dovrebbe essere dominata dalla nostalgia di ciò che si è perso, ma strutturarsi in prima istanza attorno all’anticipazione di ciò che sarà. Secondo Haught “la scienza evoluzionistica ha reso obsoleta e insostenibile l’ipotesi di una perfezione cosmica originaria successivamente guastata dal peccato originale”.
In un mondo in divenire, che in parte si autodetermina, Dio non può influenzare direttamente il corso della storia naturale e umana, e non può essere considerato responsabile del male contingente che avviene nel mondo. Rispetto alla visione teistica classica, questo carica l’umanità di maggiore responsabilità. La nozione di natura come promessa riunisce in un’unica visione armonica le tre dimensioni dell’ecologia, dell’evoluzione e dell’escatologia; in questa visione della realtà Dio è il Futuro Assoluto, che comprende tutto e dà senso a tutto.
La conclusione del pensiero di Haught è che un mondo in evoluzione non può seguire un rigido progetto, ma riceve dalla visione che Dio ha di lui esistenza, valore e significato. Il Dio dell’evoluzione non predetermina le cose, né tiene per sé – accumulandola egoisticamente – la gioia della creazione. Al contrario, Dio condivide con tutte le creature questa apertura verso un futuro indeterminato. Tale interpretazione non distrugge la gerarchia cosmica, ma con la sua apertura alla nuova esistenza conferisce speciale significato a ogni epoca dell’evoluzione della natura, compresa la storia unica dell’umanità, in un universo tuttora non finito.
Dovendo contribuire a scrivere una tesi sulla creazione presso la facoltà teologica di Bologna e facendo ricerche sulla teologia processuale, mi sono imbattuto sul tuo scritto, con meraviglia e guardando poi il tuo profilo, ho visto che sei un medico come me. Sono un chirurgo ora in pensione e ho iniziato a lavorare proprio nell’Ospedale di Fidenza. Grazie per questo tuo articolo bellissimo e ben scritto, dal mio punto di vista, sotto il profilo teologico, non mi potevo aspettare di meglio. Vorrei poterti citare nella tesi. Se vuoi, mi puoi scrivere anche direttamente. Grazie.